TUTTI POSSONO SCRIVERE? di Esther Pellegrini

Chiunque di noi, almeno una volta nella vita, avrà visto uno straccio di film o una serie TV.
Chiunque di noi, almeno una volta nella vita, avrà visto un concerto di musica classica o una pièce teatrale, dal vivo.
Fatta questa premessa, qual è l'ovvietà? Che cosa ci si aspetta, quando si fruisce un prodotto?
L'ovvietà da un milione di dollari è la professionalità.
Mi aspetto di vedere un film con chi fa l'attore di mestiere.
Mi aspetto di vedere un violinista che sappia tenere in mano archetto e strumento, legga gli spartiti e suoni.
Mi aspetto, a teatro, di emozionarmi grazie al talento e alla tecnica degli attori (perché la regia deve sempre rimanere occulta).
Quindi: perché se uno vuole fare il musicista, deve studiare al conservatorio?
Perché uno che vuole fare l'attore deve studiare alle scuole di recitazione?
Perché una tizia pettoruta e con voce che spacca i cristalli deve imparare a veicolare e a modulare ugola e respiro, per studiare e diventare soprano?
Perché vogliamo qualità in quello che fruiamo.
Vogliamo un attore che sappia fare l'attore in mille copioni differenti, una soprano che sappia destreggiarsi bene nell'Aida, nell'Andrea Chenier, nella Traviata e in tutto il melodramma italiano e straniero prodotto.
In sostanza, vogliamo che ognuno faccia quello per cui ha studiato, al meglio delle proprie capacità.
Fin qui, concorderete, immagino.
E allora, perché per la scrittura non vale lo stesso discorso?
Perché ci si ostina a fare gnè gnè e a dire: "Scrivo quel cazzo che mi pare come mi pare"?
Lo sapete che negli Stati Uniti la scrittura creativa è materia di studio, nei college? Lo sapete che nessuno dice ai docenti che sono dei cretini presuntuosi perché vogliono insegnare la narratologia?
Lo sapete che, senza un agente letterario, col cavolo che in America un autore può approcciare un editore?
E lo sapete che, anche da noi, da un bel po' di anni a questa parte, vige la stessa cosa, anche se gli editori non ve lo diranno mai?
E sapete perché?
Perché gli editori si sono anche un po' rotti il cazzo di ricevere storie non-storie, cose che non si capisce come sono scritte, biografie inutili, email minacciose (sì, esistono squilibrati che minacciano di morte gli editori, sappiatelo).
E allora, perché il conservatorio sì e la scrittura no?
Cos'è che vi spaventa al punto da non voler studiare, migliorare, confrontarvi, ricevere critiche costruttive?
E non venitemi a dire che "Manzoni faceva questo e quello e io scrivo come lui".
Vi confesserò il segreto di Pulcinella: la lingua italiana è in continua evoluzione. La narrativa è in continua evoluzione. Le storie che andavano cento anni fa, oggi non verrebbero lette né pubblicate, perché esiste quella cosa chiamata "progresso".
Con buona pace del Manzoni, evergreen di letteratura classica, la narrativa attuale è altro.